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Lo scrittore e giornalista Roberto Ritondale intervista Manuela Moschin

E' un grande onore per me essere stata intervistata nel Salone Internazionale del libro di Torino dallo scrittore e giornalista Roberto Ritondale. Grazie di cuore "Lo scrittore ambulante ha intervistato Manuela Moschin, l'ideatrice dell'originale blog letterario "L'arte raccontata nei libri" che riunisce oltre duemila appassionati. E alla fine dell'intervista scoprirete una passione comune, oltre a quella dei libri! In sottofondo una musica composta e suonata da Joanna Robinson." Roberto Ritondale Oltre al video Youtube vi lascio anche il link del sito dell'autore. http://www.robertoritondale.it

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- Sandro Botticelli ritrae un’allegoria morale dalle forme sinuose. - Il Ghirlandaio un grande maestro acclamato da tutti.

“L’Enigma Michelangelo - Il Genio, Il Falsario" di Daniela Piazza.


a cura di Manuela Moschin:
Sono rimasta ammaliata dal romanzo storico “L’Enigma Michelangelo” narrato dall’autrice Daniela Piazza, il suo stile è encomiabile, caratterizzato da una scrittura fluida e gradevole mai monotona. Si denota un accurato studio di ricerca e una grande conoscenza storico artistica. E' un prezioso capolavoro nel quale il lettore si trova immerso nell’epoca rinascimentale rivivendo e percependone i profumi, le azioni, le sensazioni, le emozioni di un momento contraddistinto da un intreccio di avvenimenti storici inebrianti che, uniti all’eccellente fioritura artistica, ha indotto la scrittrice a realizzare un libro eclettico ricco di pregevoli informazioni. Senza svelarvi la trama vi anticipo soltanto che il romanzo tratta le vicende del “cupido dormiente” scolpito da Michelangelo. (Disegno di Daniela Piazza fig. 16) 
Per chi volesse approfondire l’argomento al termine dell’articolo si trova il link del sito di Daniela Piazza la quale essendo una profonda conoscitrice della storia dell’arte vi parlerà non solo della trama del libro ma anche di alcune opere di Michelangelo. Il libro è altresì interessante poiché non si parla solo del protagonista della storia ma vengono citati altri artisti dell’epoca come Sandro Botticelli e Domenico Ghirlandaio

“Pallade e il Centauro” Sandro Botticelli– tempera su tela; 205x147,5 cm.- (1485 ca) Galleria degli Uffizi, Firenze. (fig.1) 


“Pallade e il Centauro” Sandro Botticelli– tempera su tela; 205x147,5 cm.- (1485 ca) Galleria degli Uffizi, Firenze. (fig.1)

Racconta l’autrice Daniela Piazza: 

“E i tre quadri filosofici realizzati per lui dallo stesso Botticelli, allora? Primavera, Nascita di Venere e Pallade e il Centauro. Autentici capolavori!” 
L’autrice cita tre opere d’arte appartenenti al cosiddetto “ciclo del mito” realizzate da Sandro Botticelli su commissione di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici. Per questo articolo ho scelto il dipinto intitolato “Pallade e il Centauro” dove l’artista ha ritratto due soggetti mitologici, un tema inconsueto per quel periodo in quanto i suoi predecessori solitamente rappresentavano figure sacre.
Nella mitologia greca Pallade è un epiteto dato alla dea Atena che significa giovane e lanciatrice d’asta. Figlia di Zeus, ella è riconosciuta come dea delle arti, della sapienza e della guerra.
Il Centauro è una creatura mitologica costituita da metà uomo e metà cavallo identificata come una figura selvaggia, violenta e dedita al disordine.
Dalle figure rappresentate si evince che il significato del dipinto è associato a una allegoria morale derivante dalla cultura neoplatonica della quale Botticelli fu sostenitore e Marsilio Ficino il maggiore esponente. Quest’ultimo cercò di conciliare la filosofia greca con la religione cristiana e quindi paganesimo e cristianesimo che disapprovava l’antichità in quanto pagana. I neoplatonici introdussero una nuova visione del rapporto tra l’uomo e l’universo e davano valore all’arte in quanto tramite essa era possibile rappresentare il bello ideale.
La scena simboleggiata da Botticelli potrebbe raffigurare l’allegoria della ragione nella quale la saggezza di Pallade vince sugli istinti brutali del centauro. Il dualismo presente nell’animale mitologico è rappresentato dalla parte bestiale simboleggiante l’istinto carnale e da una parte antropomorfa alludente alla sapienza che può condurre l’uomo verso il divino.
L’opera è stata interpretata in vari modi, in chiave politica può essere legata a un celebre episodio storico conosciuto come “La congiura dei Pazzi” pianificata dal cardinale Raffaele Riario (nipote del papa Sisto IV) e dalla famiglia di banchieri fiorentini de’ Pazzi con l’intento di uccidere Lorenzo il Magnifico e suo fratello Giuliano allo scopo di reprimere l’egemonia dei Medici. Nella congiura fu ucciso Giuliano mentre Lorenzo de’ Medici fu ferito, egli tuttavia tramite la sua diplomazia riuscì a stringere alleanze politiche evitando così un conflitto contro la Chiesa. 

Si è ipotizzato che il quadro ritragga nei panni di Pallade, Lorenzo de' Medici, il quale  con la sua saggezza evitò il conflitto contro la Chiesa in questo caso rappresentata dal centauro.
Un'esegesi di tipo morale invece viene interpretata come “la vittoria della castità e della giustizia sulle passioni brute” (Wittkower/Gombrich/Lightbown).
La storica dell’arte Cristina Acidini Luchinat afferma: 
“D’accordo con il Lightbown, nella fanciulla armata vedrei una sentinella. Ella sorveglia un sentiero, cui sembra precluso l’accesso, e che invece viene a percorrere il centauro, divenendo un trasgressore. Questi, acciuffato con confidente fermezza, potrebbe andare incontro a una punizione”.
Gli studiosi non hanno ancora individuato cosa desiderasse in realtà raffigurare l’artista, la pittura botticelliana in effetti si distingue per la maestria nel celare dietro le rappresentazioni mitologiche messaggi e significati dove il soggetto della tela rimane misterioso. L’enigma si nasconde nel gesto di una dea con il volto armonioso (fig.2) che sta trattenendo per i capelli un centauro (fig.3)
"Pallade" dettaglio - Sandro Botticelli (fig.2)

"Centauro" dettaglio - Sandro Botticelli (Fig.3)
il quale con un’espressione sul viso cupa e afflitta e una zampa sollevata le sta volgendo lo sguardo. Ogni dettaglio è illustrato in modo nitido e preciso, come si può osservare nell’azione dei marinai della nave raffigurata sullo sfondo del dipinto che stanno innalzando un pennone (fig.4) 
"Nave" dettaglio - Sandro Botticelli (Fig.4)

o nel centauro che sta reggendo una faretra pelosa probabilmente ricavata da un animale. La dea indossa un abito bianco ricamato con l’emblema mediceo, costituito da tre anelli intrecciati con diamante (Fig.5) ed è avvolta da serti di olivo, pianta riconosciuta come simbolo di pace e sapienza. Ella sul dorso sostiene uno scudo, in mano impugna un’alabarda e ai piedi incalza degli stivaletti in cuoio color giallo con sfumature rosso arancione (fig.6)
"Pallade" Dettaglio: emblema mediceo costituito da tre anelli intrecciati con diamante (Fig.5)
"Pallade" Dettaglio: Stivaletti in cuoio color giallo con sfumature rosso arancione (Fig.6)
Lo stile è caratterizzato dalla presenza di una linea di contorno flessuosa ed elegante che circonda le figure e le stacca dal fondo. È probabile che il dipinto fosse destinato ad essere osservato dal basso per la presenza dello scorcio di sotto in su soprattutto individuabile sul volto della dea.
Sandro Botticelli (Alessandro Filipepi - Firenze 1444-1510) nel 1464 divenne allievo di Filippo Lippi. Si nota l’influenza del maestro dalla produzione di opere dedicate alla Madonna con il Bambino. Collaborò con lui a Prato per realizzare alcuni affreschi delle “Storie di Santo Stefano” e successivamente stette a bottega del Verrocchio. Inoltre fu significativo l’incontro con Antonio del Pollaiolo dal quale apprese il linearismo pittorico. 

“Storie di San Francesco – Conferma della Regola” di Domenico di Tommaso Bigordi, detto del Ghirlandaio. Affresco Santa Trinita, Cappella Sassetti (1485) (fig.9)

“Storie di San Francesco – Conferma della Regola” di Domenico di Tommaso Bigordi, detto del Ghirlandaio. Affresco Santa Trinita, Cappella Sassetti (1485) (Fig.7)

Racconta ancora l’autrice: 

“…Esternò la riflessione e ancora una volta fu l’Aldrovandi a precisare:”In realtà il nostro giovane amico ha avuto una formazione da pittore, non è vero? Nella bottega del Ghirlandaio”. Nuovamente sul volto di Michelangelo fece capolino un’espressione infastidita, come se ricordare quel suo apprendistato gli riuscisse sgradito. Tuttavia non potè che confermare:”E’ così. Ma la scultura ce l’ho nel sangue fin da bambino…” 
Domenico Ghirlandaio (Fig.8) ebbe un ruolo fondamentale nel percorso artistico di Michelangelo, egli infatti, secondo le fonti del Vasari, divenne il suo maestro. All’età di dodici anni il padre Ludovico lo accompagnò nella sua bottega per un compenso di venticinque fiorini d’oro. 


Autoritratto del Ghirlandaio -
Dettaglio da:
"L'Adorazione dei Magi
degli Innocenti"
Galleria dello Spedale degli
Innocenti -
Firenze (Fig.8)
Giorgio Vasari nelle “Vite” (1568) elogiò il Ghirlandaio affermando: 
“…Il quale per la virtù e la grandezza e per la moltitudine dell’opere si può dire uno de’ principali e più eccellenti maestri dell’età sua…”
Il pittore divenne celebre soprattutto per aver realizzato un ciclo di affreschi nella chiesa di Santa Trinita a Firenze (Fig.7) Fu Francesco Sassetti, un nobile banchiere amministratore della famiglia Medici che desiderò allestire una cappella funeraria in onore a San Francesco suo santo e patrono. Il banchiere avendo una predilezione per le materie umanistiche volle celebrare questo suo interesse commissionando l’opera a uno degli artisti più valenti dell’epoca. L’artista per illustrare i sei episodi della vita del Santo raffigurò le scene in due piani sovrapposti, seguendo in questo modo l’esempio del grande Masaccio il quale realizzò lo stesso impianto per la celebre cappella Brancacci nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze. 
L’affresco del Ghirlandaio è caratterizzato dalla presenza di un’atmosfera luminosa per l’uso di colori aventi una tonalità chiara. Lo storico dell’arte Marco Chiarini osannò il capolavoro dicendo: 
"Chi entri oggi nella gotica chiesa di Santa Trinità, vi troverà la stessa raccolta atmosfera, lo stesso carattere intimo e mistico a un tempo, che vi doveva essere quando il Ghirlandaio iniziò la sua fatica su per i muri della cappella, l’ultima del transetto, piegando a destra: luce fioca, rotta da qualche isolato lume di candela, che appare più viva solo nella porzione destra del presbiterio, a colpire in parte le pitture di Domenico". 
Attraverso le storie di San Francesco, il pittore ha rappresentato alcuni episodi della società fiorentina omaggiando celebri personaggi dell’ambiente mediceo, ritraendoli con una fisionomia alquanto realistica. L’affresco più rappresentativo dell’intero ciclo è la “Conferma della Regola – Onorio III approva la Regola Francescana”, in essa viene narrata l’udienza concessa da papa Onorio III al Santo e l’approvazione della Regola del nuovo Ordine (fig.9).

“Storie di San Francesco – Conferma della Regola” di Domenico di Tommaso Bigordi, detto del Ghirlandaio. Affresco Santa Trinita, Cappella Sassetti (1485) (Fig.9)

L’artista inserì così un episodio del passato in un contesto contemporaneo della Firenze rinascimentale. Nel fondo dell’affresco si riconosce Palazzo Vecchio e di fronte si possono individuare i tre archi della Loggia de Lanzi priva dei gruppi marmorei che verranno collocati in seguito. Il tema dapprima fu rappresentato nel 1317 da Giotto nella chiesa di Santa Croce a Firenze, in uno degli affreschi della cappella dei Bardi vi è San Francesco inginocchiato che riceve dal papa la conferma della Regola dell’Ordine (Fig.10)
Giotto "Conferma della Regola Francescana" Cappella dei Bardi, Chiesa di Santa Croce - Firenze (Fig.10)
Secondo lo storico dell’arte Aby Warburg a differenza di Giotto che ha ritratto figure umili e povere il Ghirlandaio ha raffigurato personaggi sfarzosi e altolocati, alcuni dei quali furono dei grandi letterati fiorentini. “Ghirlandaio trasforma la raffigurazione della leggenda degli “eterni poveri” in una rappresentazione sfarzosa della ricca aristocrazia mercantile fiorentina” (Warburg)

Si possono pertanto osservare tre uomini e tre bambini che stanno salendo una scala, il primo personaggio è Agnolo Poliziano (fig.11-12) un amico umanista di Lorenzo de’ Medici il quale gli affidò l’educazione dei suoi figli. Il più piccolo di circa 4 anni è Giuliano che sta volgendo lo sguardo verso l’osservatore (fig.12) a seguire Piero di 12 anni e Giovanni di 7 anni il futuro papa Leone X (fig.13).
Inoltre secondo una deduzione sempre del Warburg è probabile che le ultime figure rappresentate siano inerenti a Matteo Franco anch’egli maestro dei figli di Lorenzo e Luigi Pulci confidente politico e poeta autore del poema il “Morgante” (fig.14)
Dettaglio: Poliziano 
"Conferma della Regola"
del Ghirlandaio (Fig.11)
Dettaglio: Giuliano
"Conferma della Regola"
del Ghirlandaio (Fig.12)











Dettaglio: Piero e Giovanni (futuro papa Leone X) "Conferma della Regola" del Ghirlandaio (Fig.13)

Dettaglio: secondo Warburg si tratta di Matteo Franco e di Luigi Pulci "Conferma della Regola" del Ghirlandaio (Fig.14)

"Dettaglio: "Conferma della Regola" del Ghirlandaio (Fig.15)

Ai margini del dipinto separato dal papa si trova Francesco Sassetti (fig.15) sta indicando i tre figli Galeazzo, Teodoro e Cosimo allo scopo di metterli in evidenza come membri della famiglia, essi sono posizionati dall’altro lato della scena. Lorenzo il Magnifico (fig.15) ritratto con un’aura di supremazia, si trova accanto al Sassetti:

”Tutta la persona è pervasa dal senso di una naturale superiorità che da sé determina con intuitiva sicurezza l’allontanamento o l’avvicinamento degli uomini entro la propria cerchia. La mano destra trattiene sul petto la veste scarlatta, l’avambraccio sinistro è proteso e la mano alzata con gesto a metà stupore a metà ripulsa” (Aby Warburg 1932). 
Domenico di Tommaso Bigordi, fu chiamato del Ghirlandaio (Firenze 1448-1494)(Fig.8) in quanto, secondo le fonti provenienti dal Vasari, egli è stato il primo a produrre le ghirlande che indossavano sul capo le fanciulle. Egli iniziò a lavorare come orafo imparando il mestiere dal padre ed era talmente appassionato di disegno che ritraeva “ogni persona che da bottega passava”. Sebbene la vita dell’artista sia stata abbastanza breve egli fu uno dei pittori più desiderati per il suo sapiente uso della prospettiva e per la sua capacità di rappresentare la realtà, una peculiarità derivante dalla pittura fiamminga.
Arrivederci in arte

Link del sito dell'autrice:


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