Sono, dunque, emozionata e spero onestamente di essere stata abbastanza all'altezza ed esaustiva nel parlare di un capolavoro misterioso che è diventato un'icona nel mondo dell'arte.
Sono davvero onorata e addentrandomi nell'opera vi racconto che:
Il "Cenacolo Vinciano" (Fig.1-2-3) è un'opera di grandi dimensioni che misura cm. 660x880 che è collocata nel refettorio del convento della Basilica e Santuario Santa Maria delle Grazie a Milano, alla quale Leonardo ha dedicato uno studio meticoloso e una lunga ricerca. Il termine "Cenacolo" si riferisce al luogo dell'antichità dove si consumavano i pasti.
Il dipinto, che fu iniziato nel 1495 e terminato nel 1498, acquisì da subito una grande fama. Purtroppo, però, a causa della tecnica a secco impiegata da Leonardo (1452-1519) già nel 1517 iniziò a deteriorarsi. Fu soprattutto l'utilizzo della tempera mista a olio su due strati di intonaco (dopo aver steso uno strato di gesso, uno di biacca e un ossido di piombo) a danneggiare l'opera che cominciò ben presto a scurirsi. E' probabile che Leonardo, desideroso di effettuare interventi di rifinitura, avvalendosi di profonde riflessioni e meditando sul risultato del dipinto, avesse preferito una modalità con un'asciugatura più lenta, evitando così la pittura a fresco che al contrario richiede al pittore di essere veloce.
Il vescovo e scrittore Matteo Bandello (1485-1561), che soggiornò per un periodo nel convento, ne è un testimone diretto. Egli scrisse così del maestro:
«Soleva [...] andar la mattina a buon'ora a montar sul ponte, perché il Cenacolo è alquanto da terra alto; soleva, dico, dal nascente sole sino a l'imbrunita sera non levarsi mai il pennello di mano, ma scordatosi il mangiare e il bere, di continovo dipingere. Se ne sarebbe poi stato dui, tre e quattro dì che non v'avrebbe messa mano e tuttavia dimorava talora una o due ore del giorno e solamente contemplava, considerava ed essaminando tra sé, le sue figure giudicava. L'ho anco veduto secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava, partirsi da mezzo giorno, quando il sole è in lione, da Corte vecchia ove quel stupendo cavallo di terra componeva, e venirsene dritto a le Grazie ed asceso sul ponte pigliar il pennello ed una o due pennellate dar ad una di quelle figure, e di solito partirsi e andar altrove.»
Anche il Vasari osservandola scrisse:"Tanto mal condotto che non vi si scorge più se non una macchia abbagliata".
Negli anni l'opera ha subito molti interventi di ridipintura che ne hanno danneggiato ulteriormente i colori. Il restauro, iniziato nel 1977 e concluso nel 1997, ha messo in luce gran parte del capolavoro del maestro.
Il dipinto fu commissionato da Ludovico il Moro nel 1494, come si evince dalle tre lunette con le insegne ducali (Fig.3-14) entro ghirlande con foglie e frutta (Fig.15). Esiste un'altra fonte importante, ossia la richiesta che il duca fece al suo intermediario Marchesino Stanga il 29 giugno 1497, al fine di sollecitare la conclusione dell'opera:"Finischa l'opera del Refettorio delle Gratie principiata, per attendere poi ad altra fazada d'esso refitorio"
Proviamo ora a considerare i dettagli nello specifico: Leonardo nel rappresentare la stanza si è attenuto rispettando in maniera minuziosa un'architettura strutturalmente precisa, che è rilevabile dalla quadratura del pavimento, dal soffitto a cassettoni, dalle tappezzerie delle pareti, dall'articolazione delle finestre e dalla tavola. Ciò è dovuto anche all'attenta applicazione della prospettiva geometrica, che Leonardo perfeziona anche attraverso l'uso del colore.
L'artista raffigurò nei minimi particolari le pieghe della tovaglia, il pane, i piatti e i bicchieri sulla tavola, evidenziandone i riflessi e le trasparenze al fine di rendere la scena realistica (Fig.16).
E' necessario, innanzitutto, osservare che il tema trattato dal pittore è stato rappresentato allontanandosi dalla consueta iconografia che sino a quel momento veniva raffigurata.
Se si osservano, ad esempio, i dipinti di Andrea del Castagno (ca 1421-1457) (Fig.5) o di Domenico Ghirlandaio (1449-1494) (Fig.6) si potrà constatare che in queste opere il Cristo è stato illustrato durante l'Eucarestia mentre sta benedicendo il vino e il pane. Giuda veniva collocato di fronte a Gesù, dall'altra parte del tavolo e, come si narra nei Vangeli, San Giovanni veniva raffigurato con il capo sul petto del Signore.
Ecco tutto ciò non è stato raffigurato nell' "Ultima Cena" di Leonardo perché per la prima volta Gesù non è stato dipinto durante la consacrazione dell'Eucarestia, sulla tavola, invero non compare il Sacro Calice e Giuda non si trova di fronte a Gesù ma è stato inserito tra gli Apostoli.
Scrive Sierra l'autore del libro "La Cena Segreta":"E che mi dite dell'eucarestia?" si intromise il ciclope con voce sguaiata. "Se questa è davvero un'Ultima cena, perché Gesù Cristo non ha davanti a sé il pane e il vino per consacrarli? Dov'è il Santo Graal con il suo prezioso sangue redentore? e perché la sua scodella è vuota? Eretico! E' un eretico!"
Queste innovazioni sono sconvolgenti se pensiamo che l'opera è stata eseguita in un convento dei domenicani. Ne conviene che Leonardo si discostò dai suddetti canoni iconografici, incentrando il significato del dipinto essenzialmente sull'annuncio da parte di Gesù del tradimento di Giuda, secondo il Vangelo di Giovanni:
"In verità, in verità vi dico: Uno di voi mi tradirà". I discepoli allora si guardarono l'un l'altro, non sapendo a chi alludesse. Ma uno dei suoi discepoli, quello da Gesù prediletto, stava appoggiato presso il petto di lui. A questo dunque fe' cenno Simon Pietro, e gli disse:"Domanda chi è quello di cui parla". (Giovanni, 13, 21-24).
Il pittore ha voluto rappresentare il tradimento di un amico attraverso una scena contrassegnata da un estremo dinamismo, rilevabile dalla reazione emotiva degli Apostoli. Le posizioni dei corpi, l’espressione dei volti e i gesti sono la conseguenza visibile dei moti dell’animo. Con la locuzione "I moti dell'animo" Leonardo intendeva riprodurre i movimenti, il pensiero e le emozioni dei personaggi attraverso il linguaggio dei corpi, delle mani e dei volti.
Nel suo "Libro di pittura" scrisse che il bravo pittore deve saper rappresentare non solo l'aspetto esteriore ma anche il suo pensiero e le sue emozioni "Il bono pittore ha a dipingere due cose principali, cioè l'omo e 'l concetto della mente sua. Il primo è facile, il secondo difficile, perché s'ha a figurare con gesti e movimenti delle membra; e questo è da essere imparato dalli muti, che meglio li fanno che alcun'altra sorte de omini" (Leonardo da Vinci dal "Libro di pittura", pubblicato per la prima volta nel 1654)
Egli si concentrò soprattutto sui gesti e le espressioni degli Apostoli, inserendo una serie di significati occulti che sono stati da sempre oggetto di analisi.
Essi stupefatti si stanno interrogando, meditando sulle parole del Redentore. Le figure possiedono tutte un carattere individuale che Leonardo ottenne attraverso una ricerca anatomo-fisiognomica molto accurata. I lineamenti dei volti sono stati ammorbiditi utilizzando la tecnica dello "sfumato leonardesco" allo scopo di sfumare i contorni delle figure.
In un disegno preparatorio per il Cenacolo (Windsor 12555r) (Fig.25) dove rappresentò forse Giuda egli scrisse: Quando fai la figura, pensa bene chi ella è e quello che tu vuoi che ella facci", riferendosi, quindi, alla sua natura psichica, al suo carattere e alla fisiognomica.
Cerchiamo ora di individuare i personaggi ritratti: procedendo da sinistra troviamo l'Apostolo Bartolomeo (n.1 - Fig.2) che improvvisamente alzandosi in piedi ha appoggiato le mani sul tavolo. Di seguito ci sono Giacomo Minore (n.2 - Fig.2) e Andrea (n.3 - Fig.2).
L'Apostolo Giuda (n.4-Fig.2), è l'unica figura in ombra, egli indossa una veste verde e blu il colore del tradimento. Sorpreso si è voltato verso Gesù, rovesciando con il gomito destro la saliera, un segno che allude alla sfortuna. E' situato in posizione più avanzata rispetto agli altri Apostoli e ciò è dovuto alla torsione del busto.
La sua veste, a differenza delle altre, è priva della gemma a castone, ovverosia di un fermaglio situato sullo scollo. Da una ricerca della studiosa Elisabetta Sangalli di Monza pubblicata nel volume intitolato "Leonardo e le dodici Pietre del Paradiso", risulta che le gemme preziose incastonate negli abiti degli Apostoli e di Cristo possiedono un grande valore simbolico. Vediamo qualche esempio: la pietra attribuita a San Giovanni simboleggia la spiritualità; la gemma blu di Andrea, invece allude alla fondazione della Città celeste descritta nell'Apocalisse; a Gesù è stato associato uno smeraldo come simbolo di rinascita e di pace.
C'è un altro particolare molto importante che non ci deve assolutamente sfuggire:
Scrive l'autore:
" Voi conoscete i Vangeli bene quanto me: ditemi dunque dove si parla di Pietro alla tavola pasquale con un pugnale o di Giuda e Cristo che mettono la mano nello stesso piatto... Non troverete nessuna allusione a queste scene, nossignore."
I simboli misteriosi inseriti da Leonardo sono stati tratti consultando, non solo la Bibbia ma anche un libro eretico, uno dei vangeli apocrifi (indica ciò che è tenuto nascosto) proveniente dall'eresia medievale bulgara, affini agli occidentali della setta dei Catari, contenente una rivelazione segreta di Gesù durante l'Ultima Cena, intitolato “Interrogatio Johannis” detto anche "La cena segreta".
Nel volume, scritto in latino medioevale, vengono narrate le conversazioni che l'evangelista Giovanni ebbe con Cristo in seguito alle ultime visioni dell'Apocalisse. I catari non accettavano i sacramenti cristiani ma seguivano il consolamentum, ovvero un sacramento unico: "Consolamentum?" tornarono a mormorare i frati. "funge insieme da battesimo, comunione ed estrema unzione" (Sierra, La Cena Segreta).
Scrive ancora l'autore del libro "La cena segreta":
Fu Anselmo di Alessandria, duecento anni orsono, a rivelarlo nei suoi scritti sugli eretici: lo chiamò Interrogatio Johannis o La cena segreta. Stando alle informazioni di cui dispongo, Leonardo ha utilizzato i misteri contenuti nelle pagine iniziali per illustrare la parete del refettorio dei domenicani. Né più, né meno.
Arriviamo quindi al fulcro del racconto osservando che nell'“Interrogatio Johannis” i catari affermarono che, per riuscire a individuare il traditore, è necessario risalire al personaggio che assieme al Cristo, sta mettendo la mano nello stesso piatto. In effetti, nel dipinto di Leonardo, la mano destra di Cristo si sta allungando verso il piatto contemporaneamente a quella di Giuda.
Continuando da sinistra verso destra troviamo Pietro (n.5 Fig.2). Nei Vangeli si narra che sta afferrando un coltello con l'intento di tagliare l'orecchio a Malco (vedi anche Fig.7, dipinto di Giuseppe Cesari) il servo del Sommo Sacerdote Caifa. Risulta, infatti, che Malco ha accompagnato Giuda Iscariota ad arrestare Gesù (n.7 - Fig.2). Accanto c'è Giovanni (n.6) il discepolo "prediletto" dotato di una bellezza androgina. La figura allibita con le braccia allargate è Giacomo Maggiore (n.9 - Fig.2).
Tommaso (n.8) con il dito puntato in alto sta indicando la venuta di Gesù. L'Apostolo Filippo (n.10 - Fig.2) possiede un'espressione dolce mentre Matteo (n.11 - Fig.2), Giuda Taddeo (n.12 - Fig.2) e Simone (n.13 - Fig.2) stanno discutendo inorriditi.
Leonardo ha disposto le figure in gruppi piramidali, partendo dal triangolo centrale gli apostoli formano quattro gruppi di tre persone ciascuno. Essi sono stati disposti sei alla destra e sei alla sinistra, isolando la figura del Cristo.
Il numero tre rappresentava la Santissima Trinità e anche la fede, la speranza e la carità, ossia le virtù teologali. Cristo attraverso le braccia tese crea un triangolo, probabile richiamo all'Eucarestia.
Egli è senza aureola poiché Leonardo prediligeva illustrare le figure tramite un assoluto naturalismo. Si percepisce la divinità di Cristo mediante la visione della luce proveniente dalle tre finestre, simbolo della Trinità e dall'arco architettonico che funge da aureola. Si viene così a creare un effetto prospettico che induce l'osservatore a concentrare lo sguardo su Gesù come epicentro dell'azione. Da una ricerca ne risultò che sulla testa del Cristo, Leonardo introdusse un chiodo dove appese dei fili al fine di poter calcolare le linee prospettiche.
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Andrea Del Castagno "Ultima Cena" 1448 Affresco. Refettorio di Sant'Apolonnia Firenze (Fig.5) |
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Domenico Ghirlandaio "Ultima Cena" 1480 Affresco. Refettorio d'Ognissanti Firenze (Fig.6) |
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Giuseppe Cesari (1568-1640)"Cristo preso prigioniero" (Pietro che sta tagliando l'orecchio a Malco) (Fig.7) |
Il restauro: la figura di Giuda (Fig.8-9-10)
"In verità, in verità vi dico: Uno di voi mi tradirà" (Giovanni, 13, 21-24) E' da qui che Leonardo iniziò il processo di elaborazione dell'opera raffigurando proprio il tradimento di Giuda tra lo stupore e la costernazione degli astanti. Ma entriamo nello specifico analizzando la figura di Giuda anche sotto il profilo del restauro che ha liberato l'opera da tutte le corpose stratificazioni di stesure pittoriche e dall'oscuramento dovuto a depositi di particellato.
Abbiamo visto che una delle cause del precoce degrado dell'opera è dovuto in modo particolare alla tecnica utilizzata da Leonardo che, sommato alle pesanti ridipinture, all'acqua filtrata in più punti e al bombardamento del 1943 danneggiarono ulteriormente l'opera. Grazie a un lungo restauro durato vent'anni sono stati recuperati gran parte dei dettagli rimasti per molti anni all'oscuro.
Dalle immagini che seguono abbiamo modo di rilevare le fasi di risanamento qualitativo del dipinto. Per quanto riguarda il restauro in primo luogo si può osservare che l'intervento ha coinvolto in generale tutta la figura: la capigliatura, la barba, l'incarnato e i particolari fisionomici che un tempo furono ricoperti da uno strato evidente di colore, con la pulitura è stato possibile mettere in luce le cromie originali. Il manto, che prima del restauro si presentava in un'unica tinta, ora è a due colori, azzurro a destra e verde sulla spalla sinistra. Il restauro eseguito sulla mano destra ha permesso di ravvivare i colori dell'arricciatura della borsa dei denari che Giuda ricevette in cambio del suo tradimento (Fig.11-12-13).
Di seguito le immagini che evidenziano la riqualificazione dell'opera, partendo dal momento prima del restauro (Fig.8), arrivando poi alla fase di pulitura (Fig.9) e infine il risultato finale (Fig.10):
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PRIMA DEL RESTAURO Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la figura di Giuda (Fig.8) |
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DURANTE LA PULITURA Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la figura di Giuda (Fig.9) |
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A RESTAURO ULTIMATO Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la figura di Giuda (Fig.10) |
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PRIMA DELL'INTERVENTO Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la mano destra di Giuda con la sacca dei denari (Fig.11) |
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DURANTE LA PULITURA Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la mano destra di Giuda con la sacca dei denari (Fig.12) |
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DOPO IL RESTAURO Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la mano destra di Giuda con la sacca dei denari (Fig.13) |
Le immagini che seguono sono relative ad alcuni dettagli relativi al Cenacolo:
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Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" Lunetta centrale con iscrizione che allude a Ludovico Sforza e a Beatrice D'Este (Fig.14) |
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Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" Dettaglio (Fig.15) |
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Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" Dettaglio (Fig.16) |
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Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" Dettaglio (Fig.17) |
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Leonardo da Vinci il "Cenacolo" particolare l'Apostolo Filippo (Fig.18) |
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Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" dettaglio l'Apostolo Matteo (Fig.19) |
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Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" dettaglio gli Apostoli Tommaso, Giacomo Maggiore e Filippo (Fig.20) |
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Leonardo da Vinci il "Cenacolo" particolare Gesù Cristo (Fig.21) |
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Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Giuda), ca. 1495 Sanguigna su carta preparata rossastra, 180x150 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL 12547r) (Fig.22) |
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Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Filippo), ca. 1495 Matita nera, 190x150 mm Castello di Windsor, Royal Library (LR12551r) (Fig.23) |
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Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Giacomo maggiore) e schizzi di progetti architettonici, ca. 1495 Sanguigna, penna e inchiostro, 252x172 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL 12552r) (Fig.24) |
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Leonardo da Vinci "Studio di uomo calvo di profilo" ca. 1495 (?) Sanguigna ripassata a penna e inchiostro, 172x124 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL12555r) (Pare si tratti di uno studio per il Giuda del Cenacolo Vinciano) (Fig.25) |
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Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Bartolomeo), ca. 1595 Sanguigna su carta preparata rossastra, 193x148 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL 12548r) (Fig.26) |
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Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Pietro?), ca. 1495 Punta metallica ripassata a penna e inchiostro su carta preparata azzurra, 145x113 mm Vienna, Graphische Sammlung Albertina Inv. 17614 (Fig.27) |
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Schizzo compositivo per il Cenacolo, ca. 1495 Penna e inchiostro, 260x210 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL 12542r) (Fig.28) |
Termino l'articolo con una citazione tratta dal volume "La storia dell'arte" dello storico dell'arte
E.H. Gombrich:
"In realtà, oltre a fatti tecnici come la composizione e la perizia nel segno, dobbiamo ammirare la profonda intelligenza di Leonardo per il comportamento e le reazioni dell'uomo, e la potente fantasia che gli permette di evocare la scena dinanzi ai nostri occhi. Narra un testimone di avere spesso visto Leonardo al lavoro intorno all'Ultima Cena. Saliva sull'impalcatura restandoci giornate intere a contemplare con le braccia conserte ciò che aveva fatto fino ad allora."
Vi ringrazio per avermi letta.
Arrivederci in arte
Manuela
Un articolo davvero circostanziato, redatto con vera competenza.
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