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Lo scrittore e giornalista Roberto Ritondale intervista Manuela Moschin

E' un grande onore per me essere stata intervistata nel Salone Internazionale del libro di Torino dallo scrittore e giornalista Roberto Ritondale. Grazie di cuore "Lo scrittore ambulante ha intervistato Manuela Moschin, l'ideatrice dell'originale blog letterario "L'arte raccontata nei libri" che riunisce oltre duemila appassionati. E alla fine dell'intervista scoprirete una passione comune, oltre a quella dei libri! In sottofondo una musica composta e suonata da Joanna Robinson." Roberto Ritondale Oltre al video Youtube vi lascio anche il link del sito dell'autore. http://www.robertoritondale.it

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La Pittura Veneta di Tiziano e Tiepolo.

“Venetia Nigra” di Alessandro Vizzino, un Romanzo Storico che sorprende in ogni pagina…

A cura di Manuela Moschin

Tiziano Vecellio “Il Ritratto del doge Andrea Gritti” e il suo sguardo intenso. (1545-1548)

Tiziano Vecellio “Il Ritratto Del Doge Andrea Gritti” (1545-1548)

Racconta l’autore Alessandro Vizzino:

“Appesi alle pareti, distanziati l’uno dall'altro in maniera metodica, erano esposti alcuni ritratti di famiglia, fra cui quello, a firma del Tiziano, che raffigurava dalla testa ai fianchi un certo Andrea Gritti, Doge del primo Cinquecento, con tanto di corno ducale sul capo, barba canuta e manto di broccato a proteggergli le spalle e il petto. Bottin si soffermò sull'immagine, ne osservò lo sguardo vitreo, e fu scosso dalla sensazione che il Doge lo fissasse e l’ammonisse per chissà quali macchie, quasi che i suoi occhi dipinti pulsassero ancora di vita propria e volessero indagargli l’anima a succhiarne i pensieri più reconditi. Un brivido improvviso gli risalì lungo la schiena e cercò di non dar peso a quell'assurda percezione”.

Leggendo la citazione dell’autore Alessandro Vizzino ed osservando il ritratto del doge, istintivamente ci si immedesima nel personaggio Bottin percependone le identiche sensazioni. Lo sguardo penetrante e sagace del doge mette quasi a disagio lo spettatore, che si sente scrutato dall'effigiato dotato di acume. 

Tiziano ha conferito al ritratto un’immagine del doge assolutamente possente ed espressiva, egli si erge in un atteggiamento autorevole sullo sfondo scuro della scena. Il dipinto costituisce uno dei più alti esempi della ritrattistica di Tiziano, egli come pittore della Serenissima, ritraeva ogni nuovo doge subito dopo l’elezione. Andrea Gritti è stato ritratto mentre indossa il manto dorato e il cappello a corno, simbolo della sua carica. I colori limitati ai rossi, bruni, bianco ed oro sono quasi abbozzati, caratteristica questa della pittura veneta di quel periodo. Tiziano operò una svolta nella ritrattistica, in quanto, i personaggi non vennero più rappresentati immobili e sognanti, ma soggetti reali, dotati di sentimenti ed emozioni. Il ritratto fu realizzato dall'artista alcuni anni dopo la morte del doge, probabilmente su commissione dei familiari.

Andrea Gritti, eletto doge nel 1523 e morto nel 1538, fu una delle figure più importanti della storia veneziana del Cinquecento, egli amante delle arti, contribuì al rinnovamento dell'architettura del Rinascimento veneziano. Sotto il suo dogato fu realizzata la “renovatio urbis” secondo i progetti dell’architetto fiorentino Jacopo Sansovino che realizzò la Zecca, la Loggetta ai piedi del campanile e la Libreria Marciana

Tiziano Vecellio “Autoritratto” (1562) 
Tiziano (1488/1490-1576) nacque a Pieve di Cadore in provincia di Belluno, all'età di nove anni si trasferì a Venezia dove divenne il primo pittore. Nel 1533, la sua fama crebbe talmente tanto da essere nominato il pittore ufficiale dell’Imperatore Carlo V per il quale realizzerà molti ritratti.

L’aspetto particolare di Tiziano è consistente nella sua tecnica pittorica, egli, infatti, maturò uno stile molto personale concernente l’uso dei colori che il maestro stendeva in modo rapido e a volte impreciso conferendo ai dipinti una vivezza e un realismo di grande profondità psicologica. Negli ultimi anni dipingeva quasi senza pennello applicando persino il colore con le dita. Lo storico cinquecentesco Ludovico Dolce scrisse dell’artista: 
“cammina di pari passo con la natura: onde ogni figura è viva, si muove, e le carni tremano”. 

Giambattista Tiepolo “Il banchetto di Cleopatra e Antonio” e la pittura illusionistica. 1746-1747, Palazzo Labia, Salone delle feste - Venezia

Racconta l’autore Alessandro Vizzino:

“Il tipo con il foulard giallognolo, lo conoscete?” “Certo, è alle dipendenze di mio padre da quasi un anno. E si chiama come mio fratello minore: Giovanni Battista.” “Il suo cognome?” “Tiepolo. Giambattista Tiepolo.” ”Bene, ne ho sentito parlare. Sareste così gentile da condurmi da lui? Il suo lavoro mi ha davvero colpito e vorrei stringergli la mano.” “Con sincero piacere, Nicolò”.
Giambattista Tiepolo “Il Banchetto di Cleopatra e Antonio”  ca 650x300 cm. 1746-1747, 
Palazzo Labia, Salone delle Feste - Venezia
 Nel magnifico affresco di grandi dimensioni (cm. 650x300) “Il banchetto di Cleopatra e Antonio”, Tiepolo narra la vicende dei due amanti che si incontrano ad un banchetto. Cleopatra, nelle vesti di una dama settecentesca, per stupire Antonio sciolse nel vino una perla. La Regina è rappresentata con il volto della nobile veneziana Maria Labia mentre Tiepolo si è autoritratto nel personaggio vestito di azzurro alle spalle di Antonio. In quest’opera, il pittore rappresentando un episodio storico, si contraddistinse dai suoi predecessori che furono maggiormente interessati ad illustrare una scena mitologica o religiosa.
L’artista, per eseguire l’opera, si avvalse della collaborazione di Gerolamo Mengozzi detto il Colonna (1688-1772), un pittore molto abile nella composizione di dipinti su volte e pareti di palazzi veneziani. Egli realizzava opere rigorosamente prospettiche attraverso la tecnica della quadratura nel trompe-l'oeil, un genere pittorico in grado di suscitare nell'osservatore l’illusione di vivere realmente nella scena. Il Colonna era un eccellente professore di disegno e scenografo di grande abilità tecnica che si era specializzato nel cosiddetto quadraturismo, un termine derivante dal pittore e biografo Vasari per definire quelle “forme di quadro” disegnate con la squadra e il compasso. Tiepolo inserì l’episodio storico sull'impalcatura scenografica e prospettica predisposta dall'artista Mengozzi. I quattro gradini dipinti sottolineano la teatralità della scena che presenta il punto di vista prospettico dal basso verso l’alto. È straordinaria l’atmosfera fresca e brillante resa dalla luce, ottenuta mediante l’utilizzo dei colori complementari, una tecnica proveniente dal Veronese, grande maestro della pittura veneta del cinquecento. Tiepolo, infatti, allo scopo di creare un effetto luminoso che avvolge l’ambiente e i personaggi usava abbinare coppie di colori (il giallo e il violetto, l’azzurro e l’arancio, il rosso e il verde).
Rosalba Carriera, Ritratto di Giambattista Tiepolo trentenne. Venezia, Collezione Privata.
Giambattista Tiepolo nacque a Venezia nel 1696 e morì a Madrid nel 1770, egli non ebbe un vero e proprio maestro ma si rifece alla pittura cinquecentesca del Veronese. L’artista fu un abile disegnatore, con pochi tratti di matita e qualche velatura ad acquerello riuscì a ricavare dei capolavori dotati di una luminosità straordinaria. Tiepolo decorò palazzi e chiese in vari paesi italiani ed europei, fu richiesto anche dal principe di Wurzburg in Germania per decorare la sua Residenza e dal re Carlo III in Spagna per affrescare le sale del Palazzo Reale.
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